Articolo tratto dal Times Online: http://technology.timesonline.co.uk
L’articolo riguarda il recente tentativo di controllare i blog più importanti del paese attraverso un nuovo disegno di legge
chi scrive è Bernhard Warner, corrispondente in Europa per il Times; conduce attualmente un percorso introduttivo al giornalismo alla John Cabot University di Roma
Un assalto geriatrico ai blogger italiani
I leader politici italiani comprendono a malapena i programmi di videoscrittura, figuriamoci il Web. Ora se la prendono con i blogger del paese.
Secondo gli standard del G8, l’Italia è uno strano paese. In parole povere, è una nazione di legislatori ottuagenari eletti da pensionati di 70 anni. Tutti gli altri non contano.
Romano Prodi, Primo Ministro, è un arzillo sessantottenne, che ha scalzato il settauntunenne Silvio Berlusconi alle elezioni dello scorso anno. Il Presidente Giorgio Napolitano, 82 anni, ne ha ancora sei prima della scadenza del suo mandato; il suo predecessore ne aveva 86, quando ha lasciato. Nel caso improbabile che l’Italia dichiari guerra, la decisione verrà da un capo di Stato che era quasi ventenne quando i tedeschi si arresero alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Credo che questa prospettiva poco rassicurante sia un’introduzione necessaria in ogni discussione sulla politica italiana con chi non ne abbia già familiarità. Che il governo italiano sembri incapace di adattarsi al mondo moderno, si spiega facilmente. Qualunque paese agirebbe nello stesso modo se al potere non ci fossero che i nonni.
Recentemente il legislatore italiano, ancora una volta, ha preso di mira la vita moderna, nel tentativo di introdurre una legge incredibile che imporrebbe di fatto a tutti i blogger, e persino agli utenti dei social network [ad esempio Facebook, Myspace, superEva etc., N.d.T. ], di iscriversi in registri pubblici statali. Anche un innocuo blog sulla squadra di calcio preferita o quello di un adolescente lagnoso alle prese con le ingiustizie della vita sarebbero soggetti alla vigilanza del governo, nonché a tassazione – anche se non si tratta di un sito commerciale.
Al di fuori dell’Italia, la normativa ha generato sarcastica commiserazione da parte di attenti osservatori di tutt’altra opinione. BoingBoing [sito web molto conosciuto tra gli Hackers, N.d.T.] ha ammiccato dichiarando che l’Italia propone la creazione di un “Ministro dei Blog”. Out-law.com [sito specializzato negli aspetti legali del web, N.d.T.] parla schiettamennte, etichettando il provvedimento come legge “anti-blogger”.
E’ comprensibile la mancanza di preoccupazione nei loro toni. Ci siamo trovati molto spesso di fronte a situazioni del genere. Ogni volta che funzionari del governo in preda al panico, che si tratti di Harare [capitale dello Zimbabwe, N.d.T.], di Pechino o di Roma (già, questa è la seconda volta che viene proposto qui), decretano una nuova museruola per internet, gli smaliziati cittadini della rete subito trovano un modo per aggirare l’ostacolo.
Perfino l’irrequieto adolescente é probabile che conosca un modo infallibile di mascherare il suo indirizzo IP. Inoltre si potrebbe facilmente sostenere che un Blogger o Typepad blog è ospitato su un server anche ben al di fuori del Bel Paese rendendo una legge ottusa praticamente inapplicabile. Alla fine, questa è l’Italia, un luogo dove idraulici e capitani d’industria sono accomunati dall’essere entrambi irriducibili evasori fiscali.
“Non andare in sbattimento amico. Goditi il sole, vino rosso e tagliatelle”.
Forse è proprio per tutte queste evidenti ragioni che si sta sottoponendo il disegno di legge a diverse modifiche. Se venisse ratificato – e al momento sembra spaventosamente probabile – il Ministero delle Comunicazioni deciderebbe chi deve iscriversi ai registri statali.
Ciò é tuttaltro che rassicurante. L’intento di questo progetto di legge, nella forma in cui il Consiglio dei ministri lo ha approvato senza battere ciglio, sarebbe imbavagliare i blogger che, per chi è al potere, sono diventati negli ultimi tempi un problema partcolarmente spinoso. I blogger sono guidati dalla crociata (che alcuni definirebbero “populista”) di Beppe Grillo, un comico prima trasformatosi in attivista e quindi in blogger. Grillo è uno dei commentatori più letti dagli italiani e, grazie al suo blog nella versione inglese, anche al di fuori del paese. Egli fomenta l’opinione pubblica per conto degli esclusi (vale a dire i giovani italiani), e fa campagna per una maggiore trasparenza dell’attività di governo e del mondo degli affari.
Grillo é convinto che la legge sia diretta contro di lui. Che lo sia o meno non conta molto. L’effetto di questa trasformerebbe tutti i blogger in Italia in potenziali fuorilegge. Ciò sarebbe l’ideale per i loro loschi traffici [dei politici], bisogna ammetterlo, ma sarebbe disastroso per le aspirazioni economiche sulla crescita del web italiano, senza parlare di una qualsiasi azienda del settore tecnologico che volesse vendere in Italia il suo software di elaborazione per blog, o aprirvi un social network. Oltre a fare scomparire potenziali posti di lavoro nel settore tecnologico ed a soffocare la libertà di parola, [la legge in discussione] può anche avere un effetto drammaticamente agghiacciante su tutte le forme di libera espressione, di arte e di cultura.
Mi riferisco qui in particolare ai miei studenti. Io insegno in un corso di introduzione al giornalismo alla John Cabot University di Roma. I miei studenti si occupano di questioni relative alla città ed all’università in un giornale on-line, in forma di blog, che si chiama The Matthew Online. Se questa legge passasse, non potremmo semplicemente spostare il blog su un server off-shore. Noi saremmo tra i pochi costretti a rispettare questa folle normativa.
Ogni semestre, dovrei richiedere ed ottenere l’iscrizione di circa 20 studenti presso il Ministero delle comunicazioni, un incubo burocratico che richiederebbe di certo più di un semestre per essere completato, e trascinerebbe via per sempre una generazione di potenziali giornalisti, spingendoli probabilmente verso qualcosa di più gratificante come le lobby dei fucili d’assalto. Così, invece di insegnare ad aspiranti giornalisti come si scrivono le notizie facendoli lavorare su qualche avvenimento di attualità, potremmo trascorrere tre mesi facendo esercizi di introduzione alla scrittura presi da un libro di testo.
E così mi appello al Ministro italiano delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, egli stesso un ex giornalista, ed a Ricardo Franco Levi, il parlamentare che ha concepito questa legge profondamente sbagliata. È davvero mettere a tacere l’intera gioventù di questo paese la miglior soluzione per affrontare poche teste matte?