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GOOGLE E GLI STIPENDI NASCOSTI DEI MINISTRI

Articolo di Riccardo Bianchi, tratto dal Venerdì’ di Repubblica del 25 Maggio 2012.

SI CHIAMANO «ROBOT»: SONO I FILE CON CUI I SITI DEI DICASTERI SEGNALANO Al MOTORI DI RICERCA QUALI INFORMAZIONI FARE EMERGERE E QUALI NO.
ADOTTATI ALL’EPOCA DI BRUNETTA, SONO RIMASTI CON MONTI.
ALLA FACCIA DELLA TRASPARENZA
In principio fu Renato Brunetta, il messia della trasparenza, il paladino del governo come un palazzo di vetro.
Fu l’ex ministro pdl a stabilire che i contratti dei dirigenti e dei consulenti ministeriali fossero pubblici e pubblicati sul sito di ciascun dicastero.
Peccato però che proprio il portale del ministero della Pubblica amministrazione sotto Brunetta sia stato tra i primi a bloccare l’accesso dei motori di ricerca a quelle informazioni.
In pratica, Google e affini non potevano vedere le sezioni del sito del ministero con i curricula e i compensi dei collaboratori.
Perciò ogni volta che qualcuno cercava «stipendio Brunetta» apparivano migliaia di notizie, ma non il documento decisivo e ufficiale.
Oggi che al governo non c’è più Brunetta, niente è eambiato.
Google o Virgilio non riportano gli stipendi dei ministri.
A impedirglielo, ora come allora, sono i robot.
In gergo, i file robots.txt servono a indicare ai motori di ricerca quali sezioni non indicizzare, ovvero non riportare nelle ricerche.
Per dire, nel portale governo.it è specificato che tutte le pagine deH’«Operazione trasparenza» vanno evitate.
Stesso discorso per aalute.gov.it, che «blocca» la ricerca anche dei documenti con l’assegnazione di incarichi, gli stessi che tanti blogger si stanno sbizzarrendo a scoprire.
Sia chiaro, trovare questi documenti sui siti è possibile, anche se non agevole.
Certo sarebbe stato più comodo aprire i dati ai motori di ricerca ed evitare il rischio che gli utenti finiscano su siti pieni di informazioni false.
E all’estero, invece, come funziona? Cercando per esempio «White House salaries» (gli stipendi della Casa Bianca) appare una pagina con tutti i lavoratori e i loro salari.
A discolpa di Monti e del governo, bisogna dire – come ricordano del resto dal Dipartimento della funzione pubblica – che è stato il Garante della privacy a suggerire l’utilizzo dei robots per evitare che dati sensibili possano essere rintracciati da persone che sono in Rete alla ricerca di altro.
Però il curioso suggerimento, che tradotto vuoi dire «sì alla trasparenza, ma fino a un certo punto», è pur sempre solo un consiglio.
Molte amministrazioni pubbliche, infatti, non l’hanno seguito, anche se restano maggioritarie quelle più zelanti.
Per esempio, il sito del comune di Milano blocca tutto, dalle nomine interne alle consulenze esterne: in questo caso, il vento nuovo di Giuliano Pisapia non ha spostato niente.
Neanche Matteo Renzi ha rimosso la barriera a Firenze.
La Regione Lazio, poi, chiude l’intera sezione trasparenza e valuta/rione del merito, il Comune di Torino l’albo pretorio e pure i risultati delle elezioni.
E in molti siti di amministrazioni locali è assai più difficile arrivare alle informazioni sugli stipendi, perse in un labirinto di collegamenti.
Chi ha voglia di cercarle, non avrà dalla propria parte Google e gli altri i motori di ricerca, ma dovrà contare solamente sulla propria pazienza.