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LA SOCIETÀ SENZA FUTURO

Viviamo all’interno di una gigantesca bolla, le cui pareti sono composte essenzialmente da idee.

L’idea della burocrazia che ogni cosa deve saper regolare, non importa se a costo della nostra stessa vita, quella della competizione che sin da bambini ci deve preparare per quando ci dovremo sbranare tra di noi tutti una volta entrati in società, dello stato che ogni cosa governa e decide, a parole per il bene comune, nei fatti per garantire continuità al “sistema” e al suo potere, l’idea della libertà e della fratellanza, qui da noi, mentre altrove, lontano dalla nostra etica, mandiamo in miniera bambini a scavare Cobalto e Coltan per la nostra recente propaggine cibernetica che, qui sempre nella nostra illuminata società, chiamiamo “smartphone”, l’idea della scienza e della medicina, che deve rassicurarci e garantire un futuro migliore solo in nome del nuovo che avanza, poco importa che cosi nuovo non sia o se a guarire, dai nostri mali profondi, non sarà nessuno di noi, l’idea della comunicazione e dell’informazione che ogni elemento dello scibile umano inghiotte e poi ci vomita addosso sotto forma di ammasso insapore e predigerito, l’idea di una tecnologia salvifica, oggi “più green che mai”, in grado di risolvere ogni umano dilemma, incapace di rendersi conto che al contrario invece continua a distruggere tutto ciò che ancora di vitale è rimasto sulla faccia del nostro (unico) pianeta, etc, etc..

Crescendo all’interno di questa bolla, dalla quale risulta veramente molto difficile guardare oltre, ci convinciamo che questo sia l’unico mondo possibile, che questa sia l’unica società possibile, che questo modo di relazionarci tra di noi esseri umani e tra noi e la Natura sia l’unico possibile.
Abbiamo smesso di immaginare qualcosa di diverso e di migliore perché semplicemente ci viene detto impossibile da realizzare, e cosi ci insegnano sin da bambini e noi, da bravi e coscienziosi scolaretti ascoltiamo e facciamo nostra questa idea senza alcun tentennamento. Del resto vogliamo essere i primi della classe, desideriamo essere accettati, inclusi, condivisi, in una parola: “social”.

E così creiamo aziende fatte di squali assassini che cercando di divorarsi tra di loro all’interno di una società predatoria estremamente pericolosa, divorano anche la terra che abitano e nulla risparmiando, trasformano abilmente ciò che in origine era naturalmente biodegradabile, unicamente in rifiuti venefici e mortali, ma tranquilli, sempre più green!

E per noi tutti, quanto sopra oggigiorno continua ad essere normale e socialmente accettato, fino al punto di esser disposti a farsi assumere nelle di loro stesse aziende, condividere i loro malati progetti e le loro miserrime aspirazioni, aiutandoli così nel loro ingenuo tentativo di affermazione, nella migliore delle ipotesi, solo con il leggero sentore che in tutto ciò vi sia qualcosa di vagamente malsano, nella peggiore, facendo nostre le loro peggiori aspirazioni, in cambio di un posto in questo acquario.

E tutto ciò è normale e socialmente accettato.

È normale mandare a scuola i nostri figli perché vengano EDUCATI e ADDORMENTATI. È normale infatti gonfiare di nozioni e annesse ambizioni i nostri figli, organizzargli ogni pomeriggio, piscina, danza e ogni sorta di altra amenità, anziché stimolare in loro un sano senso critico, stimolare la creatività e la fantasia, metterli cioè nella migliore condizione possibile per poter comprendere il Mistero in cui ci troviamo e la fondamentale esigenza di amare, amare, amare. Amare ogni cosa, il mondo e le sue meravigliose creature, ovunque e sempre.

E invece dobbiamo competere e sottrarre agli altri e alla Natura stessa ciò che crediamo indispensabile per la nostra vita in questa società, senza renderci conto che tutto ciò ci rende ogni giorno sempre più infelici e in preda ad una incolmabile insoddisfazione.

Insoddisfazione funzionale al sistema, che ci rende consumatori bulimici e insaziabili, incapaci oramai di vedere oltre l’ultimo gadget tecnologico o al di là dell’ultimo detersivo “che più bianco non si può”.
Incapaci di distinguere il vero dal falso, l’inutile dall’utile, il noioso da ciò che ci dovrebbe divertire, un telegiornale da uno spot pubblicitario, un essere umano da un influencer.

Semplicemente incapaci di vedere e di sentire, perché abbiamo delegato ad altri questo compito. Sono oggi i nostri adorati canali mainstream a dirci cosa è vero e cosa è falso, la musica che dobbiamo ascoltare, il cibo che dobbiamo mangiare, i vestiti che dobbiamo indossare, le espressioni e gli atteggiamenti che dobbiamo tenere, circostanza per circostanza, persino l’Idea di Dio che dovremmo avere, cos’altro in definitiva, se non tutto ciò che dobbiamo pensare!?!

E perché invece non siamo ossessionati all’Amore? Perché non pretendiamo l’Amore come prodotto e risultante di ogni nostra interrelazione, che questa si verifichi tra consimili piuttosto che tra noi ed un qualsiasi elemento di Natura?

Ma come è possibile accontentarsi di uno “scatto di carriera” piuttosto che di un auto nuova anziché di un armonioso rapporto con il Creato?

Com’è possibile aver condotto il nostro pianeta verso l’orlo di una catastrofe ambientale in cambio di secoli di infelicità?

O forse è proprio tale nostra profonda infelicità, che mai potrà abbandonarci finché non sapremo volgere lo sguardo oltre questa spessa bolla e poi verso le stelle, che sta invero conducendo al termine la nostra esperienza su questo, mille volte magnifico, pianeta?

E allora, osiamo, osiamo, osiamo guardare oltre e al di là di ogni cosa conosciuta, prima che il (nostro) futuro si fermi.

Ma come?!?

Lasciando parlare il nostro cuore, prima della nostra mente.

Aprendo invece di chiudere.